L'inchiesta/Una guerra lunga quanto il gasdotto dalla Russia alla Germania (mai entrato in funzione) e un affare da miliardi di euro. E nel Baltico arriva l'esercitazione Nato - Quotidiano Sociale

2022-12-06 16:33:11 By : Ms. Cony Wang

La guerra che da più di cento giorni insanguina l’Ucraina e fa tremare il mondo ha un nome ed è lunga 1234 chilometri. Quanto il gasdotto Nord Stream che inizia nella Russia occidentale e arriva in Germania attraversando tutto il mar Baltico. Con un po’ di pazienza, qualche nozione di geopolitica e una cartina dell’Eurasia siamo riusciti a ricostruire una vicenda complessa che vale qualche decina di miliardi di euro e da una ventina d’anni caratterizza la nuova guerra fredda tra Usa e Russia. Una vicenda che porta dritta prima al conflitto nel Donbass nel 2014 e poi a quello scoppiato il 24 febbraio scorso. E oggi, curiosamente, proprio sul mar Baltico sono iniziate le grandi manovre della Nato, con 16 Stati coinvolti e oltre 4 mila soldati.

Grazie all’aiuto di Wikipedia e a una fonte autorevole, un supertecnico che è stato imbarcato per anni in quel cantiere e conosce ogni metro di fondale del Baltico, la redazione di Quotidiano sociale ha realizzato questa piccola inchiesta che lascia da parte le opinioni e riepiloga fatti. Con la consapevolezza che le informazioni diffuse sino a oggi su questo progetto sono tecniche, parziali e spesso false. Gli interessi in gioco superano i bilanci di molti Stati e mettono a serio rischio la tenuta delle relazioni internazionali. Nella partita del progetto ci sono tutti, tranne gli Usa. C’è la Russia che mette il gas e la Germania che lo fa arrivare. C’è l’Italia con le sue imprese tecniche, ci sono fondi finanziari francesi e olandesi. Non stanno a guardare le multinazionali di energia sedute in tutte le Borse del mondo.

Il Nord Stream è un gasdotto che, attraverso il Mar Baltico, trasporta direttamente il gas proveniente dalla Russia in Europa occidentale, passando per la Germania. I lavori sono stati completati a dicembre 2021 e l’impianto, totalmente controllato in remoto, è stato messo in pressione. Dentro queste condutture larghe un metro e venti, posate dall’uomo e da macchine anche a meno 200 metri, c’è il gas, insomma. E se dalla Russia qualcuno fa click da un pc il gas arriva in un attimo in Germania senza passare per altri Stati, solo sul fondale del mar Baltico.

Il progetto parte nel 1997 quando Gazprom e Neste, azienda petrolifera finlandese, creano North Transgas Oy per la costruzione e l’esercizio di un gasdotto dalla Russia alla Germania del Nord attraverso il Mar Baltico. L’elemento chiave di questo accordo è che il gasdotto non attraverserà né la Polonia, né nessuno Stato baltico, né la Bielorussia o l’Ucraina. Di conseguenza, tutti questi paesi non solo perdono gli eventuali diritti di transito, ma non possono sfruttare il percorso per sospendere le forniture di gas all’Europa occidentale per far pressione sulla Russia. L’obiettivo di Mosca è chiaro: continuare a vendere il gas siberiano senza subire interferenze da parte dell’Unione europea. E meno ancora dai Paesi Nato, cioè di fatto dagli Usa. Il muro di Berlino è caduto da pochi anni, l’Unione sovietica è un ricordo freschissimo ma Mosca si organizza il suo export di combustibile fossile realizzando un’opera monumentale. Che fa gola alle imprese del settore di tutto il vecchio Continente.

Condotti i primi studi già nel 1998, il 24 aprile 2001, Gazprom, Fortum (nuova denominazione di Neste), Ruhrgas e Wintershall firmano un memorandum d’intesa per la realizzazione congiunta di uno studio di fattibilità per la costruzione della conduttura. Nel 2005 Fortum cede le sue quote a Gazprom, che così diventa l’unico proprietario di North Transgas. Nel settembre dello stesso anno, Gazprom, BASF e E.ON firmano un primo accordo per la costruzione di un gasdotto che attraversi il Nord Europa. Ciò porta alla nascita il 30 novembre 2005 della società North European Gas Pipeline Company con sede a Zugo, Svizzera. Circa dieci giorni dopo, Gazprom inizia la costruzione del condotto sulla terraferma russa.

L’avvio del cantiere

Il gasdotto è composto da linee parallele da 27,5 miliardi di metri cubi all’anno. La lunghezza è di 1.220 km, con partenza da Vyborg, in Russia, ed arrivo a Greifswald, in Germania, dove il gasdotto è collegato alla rete onshore tedesca, e da qui al sistema continentale europeo,[1] tramite l’OPAL (progetto operato da Wingas con l’80% ed E.On con il 20%). Il diametro interno del tubo è di 1153,0 mm. Si lavora giorno e notte divisi in tre turni, ogni squadra ha tre elementi e sono specialisti di altissimo profilo in arrivo da tutto il mondo. La paga è adeguata ai compiti e al livello di riservatezza richiesto. Si chiama robotica perché i robot (rov), controllati da una enorme sala informatica, fanno il lavoro sporco sul fondale del Baltico mentre a terra i tecnici realizzano le centrali di apertura e scarico del combustibile immesso. Le navi posatubi saldano i pezzi della pipeline e il rov fa tutto il resto: monitoraggio posa, controllo, video e verifiche tecniche sulla linea di ogni, produzione di video e controllo metro per metro. Per capirci: tutti i 1234 chilometri di linea sono stati testati e verificati più volte, per escludere qualsiasi danno o imperfezione strutturale.

Nell’ottobre 2006 la società viene ridenominata Nord Stream AG, e il gasdotto e tutte le informazioni correlate al progetto vengono trasferite in tale entità societaria, compresi i risultati dei primi studi condotti da North Transgas, che di conseguenza cessa di esistere. Nel settembre 2007 Europipe ed OMK si aggiudicano la fornitura della prima linea della condutture, mentre EUPEC PipeCoatings si assicura il film per il rivestimento delle condutture e i servizi di logistica. La seconda linea vede la partecipazione di OMK, Europipe e Sumitomo Heavy Industries.

Nel giugno 2008, dopo quasi un anno di trattative, Nord Stream AG affida a Snamprogetti l’esecuzione della progettazione ingegneristica del gasdotto. Saipem invece costruisce il gasdotto, in collaborazione con il subappaltatore Allseas. Le enormi valvole a sfera e a saracinesca da 48″ alle estremità del gasdotto vengono commissionate da Nord Stream AG e Snamprogetti a PetrolValves. Nello stesso anno, Rolls-Royce vince la fornitura dei gruppi turbogas, mentre Royal Boskalis Westminster e Tideway iniziano a provvedere al dragaggio del fondale marino. Sempre nel 2008, N.V. Nederlandse Gasunie, compagnia olandese, diventa partner di Nord Stream così come GDF Suez nel 2010, azionista con il 9%.

L’inaugurazione della prima linea nel 2011

Terminata la posa della prima conduttura il 4 maggio 2011, i lavori sotto il livello del mare terminano il mese dopo. Il 6 settembre 2011 viene immesso il gas per la prima volta nella prima conduttura. Il condotto viene ufficialmente inaugurato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, dal presidente russo Dmitrij Medvedev e dal Primo ministro francese François Fillon l’8 novembre 2011 a Lubmin. La costruzione della seconda linea termina nell’agosto 2012 con inaugurazione l’8 ottobre. Nell’agosto 2012 Nord Stream AG chiede al governo finlandese ed al governo estone la possibilità di far transitare presso i loro territori una diramazione del gasdotto. La stessa Finlandia che con la Svezia chiede oggi di entrare sotto la protezione della Nato.

Il Nord Stream gode fin dal 2000 dello status di progetto prioritario nel quadro delle Reti Trans-Europee dell’Energia (TEN-E dall’acronimo inglese), cioè è fra i progetti che l’Unione europea ritiene di fondamentale importanza per la sicurezza dell’approvvigionamento e il completamento del mercato interno.

La società che gestisce l’esercizio è la Nord Stream AG (già North European Gas Pipeline Company), che ha sede a Zugo ed è costituita da:

Wintershall è una società operante nel campo Oil&Gas controllata dal colosso della chimica BASF AG, mentre Ruhrgas è la società operante nel settore gas del gruppo E.ON. A partire dal 2012 Nord Stream avrebbe potuto trasportare fino a 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno, una quantità sufficiente per alimentare oltre 25 milioni di abitazioni.

La contrarietà degli Usa

In più riprese il gasdotto e i progetti di un suo raddoppio hanno suscitato le critiche degli Stati Uniti, nel corso delle amministrazioni di Barack Obama e Donald Trump, secondo i quali la stretta nei legami energetici tra Russia e Germania prefigurava una crescente dipendenza di Berlino e del resto d’Europa dal gas russo. Di conseguenza, un indebolimento geopolitico del Vecchio Continente a favore di Mosca. La contesa russo-americana sulle forniture di gas è stata da molti analisti paragonata a una vera e propria “guerra fredda” per il controllo del commercio dell’oro blu.

L’Italia è presente nel progetto tramite Saipem, che ha posato i tubi in mare, Snamprogetti, responsabile della parte ingegneristica di progettazione, e PetrolValves (di Castellanza) ed altri valvolieri della zona, come Viar Valvole di Sumirago (VA), che hanno fornito una parte consistente delle valvole necessarie alla sua costruzione. Le superfici sono trattate con cicli anticorrosivi, certificati Norsok M 501 forniti da Carboline Italia e applicate da Industrial painting color.  È presente anche la società SiirtecNigi di Milano, operante come EPC nel settore Oil & Gas, per la realizzazione dell’impianto di trattamento gas di Portovaya.

I costi dell’opera

Secondo Gazprom, il costo del tratto onshore in Russia e in Germania si è aggirato sui 6 miliardi di euro, mentre il tratto offshore è costato 8.8 miliardi di euro.

Il 30% dell’opera è stato finanziato dai soci di Nord Stream, e il restante 70% è stato assicurato da:

Dopo una prima fase di guerra totale, il conflitto denominato da Putin “operazione speciale” e finalizzato a “denazificare l’Ucraina” è virato velocemente verso il sud est del Paese. Mosca non si aspettava una resistenza ucraina così precisa, aveva sottovalutato il ruolo degli Usa nella preparazione dell’esercito ucraino e soprattutto non aveva considerato la quantità di informazioni che la Cia possiede e ha girato a Zelensky per migliorare la difesa del Paese.

Dall’inizio di maggio la guerra è dunque tutta nel Donbass, con lo scopo di aumentare il territorio delle repubbliche autoproclamate russe nel Donbass, aggiungere anche Odessa dopo Mariupol al controllo di Putin e costruire così una fascia rossa che abbracci Crimea e Mar Nero, totalmente nelle mani di Mosca. Putin intende fermarsi al confine con la Romania, isolando i rifornimenti per le truppe ucraine (che ormai hanno accesso soltanto dalla via interna del Paese) e costringendole alla resa totale nel Donbass, negli oblast del Lugansk e Donetsk. Dove sono infiniti i giacimenti di neon, litio e terre rare, carbone (quaranta miliardi di tonnellate), germanio , titanio e gas  necessari per la fabbricazione dei semiconduttori.

Qualunque accordo, qualunque cessate il fuoco, insieme a tracciare nuovi confini dovrà tenere conto di un’opera completata, costata qualche decina di  miliardi di euro, pronta a rifornire di gas un bel pezzo di Europa.  In tutto questo la parola pace sono quattro lettere gettate a casaccio in mezzo a colossali affari che coinvolgono in pieno gli Stati e la grande finanza. In testa c’è la Germania, particolarmente silenziosa e misurata quando c’è da biasimare il comportamento di Mosca. Le ragioni si colgono facilmente. Nel frattempo il Mar Baltico, oltre a ospitare il gasdotto mai entrato in funzione, da oggi riceve la visita della Nato. Settimane di esercitazioni: chissà che non servano a ispezionare, per non dire sabotare, il tracciato del Nord stream.

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